Posts written by sigfried

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    Nuovamente grazie a tutti per l'accoglienza.
  2. .
    Grazie :)


    Il racconto, è nella sezione caffè letterario.
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    TARDA SERA NEL FUTURO






    «Come ti chiami?» chiese il cliente.
            «Non ho nome» rispose la puttana cyborg, «ma puoi chiamarmi come preferisci.»
            Il cliente sorrise, e si guardò intorno. Era un vestibolo di metallo, spoglio e pulito. Una luce rossastra al neon illuminava tutto di malinconia, quella malinconia che sapeva di transitorietà. Poteva quasi vederli, i fantasmi degli altri clienti, lì vicino al tavolino mentre si spogliavano, o sul letto, avvinghiati in mille posizioni alla puttana e il volto stravolto dal coito.
            «Posso chiamarti Nora?»
            «Nora. Certo.»
            La puttana sorrise, e gli offrì un whisky. Il cliente bevve guardando fuori dall’oblò: l’unica apertura in quella teca. Oltre il vetro ermeticamente chiuso, baluginavano le luci della Luna e di Luna1, sospese sopra il Colosseo, ingabbiate, nella prospettiva, da enormi pilastri di ferro.
            La puttana gli tolse il bicchiere di mano, oramai vuoto, e lo baciò, veloce, all’angolo delle labbra.
            «Iniziamo?»
            «Non toglierti le calze. Sono più belle le gambe così, in calze e reggicalze.»
            La puttana lo prese per mano, e lo guidò verso il letto. Sedettero sul bordo e lei gli sbottonò la camicia.
            «Ho delle fantasie» disse il cliente.
            «Chiedimi tutto» rispose la puttana mordendogli un capezzolo.
            Il cliente gemé. Di dolore e piacere. La puttana baciò il segno lasciato dai denti. Il cliente sospirò. La puttana posò una mano sul sesso dell’uomo, già turgido, da sopra i pantaloni. Il cliente la fermò.
            «È la prima volta con una…» cercò la parola adatta, e riprese. «È la prima volta con una bambola.»
            La puttana gli sfiorò il viso con una carezza. «Non temere. Non avere paura.»
            «Ho sensi di colpa» disse il cliente.
            La puttana lo fissò vacua, e per un attimo, al cliente, sembrò morta, una bambola appunto, di plastica, senza vita, poi la puttana sorrise, e tornò ad essere viva.
            «Non capisco.»
            Il cliente posò il mento sul petto e sospirò. «Sì, immagino che non ti abbiano programmato per capire.»
            «Spiega» disse la puttana.
            Le fece un gesto di tenerezza, il cliente, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E le sorrise. «Voglio che mi fai male. Il motivo è tutto mio.»
            La puttana lo colpì con uno schiaffo, al volto, abbastanza forte da lasciare un segno rosso sul viso al cliente, che la fissò sorpreso.
            «In ginocchio» disse la puttana alzandosi in piedi e indicando, con l’indice, il pavimento.
            Ma il cliente non obbedì. Scoppiò a ridere. Si prese la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, e rise, forte.
            «Ho sbagliato?» chiese la puttana.
            Il cliente arginò la risata, senza riuscire ad estinguerla. «No» le disse. «Sono io che non so quello che voglio.»
            «Io fare tutto» disse la puttana.
            «Sai perché un uomo preferirà sempre una donna a una bambola?»
            «Io fare tutto.»
            «Per il giudizio. Perché l’uomo vuole essere giudicato. E se non perdonato, vuole essere condannato.»
            «Io fare tutto.»
            «Tu non puoi aiutarmi.»
            «Io fare tutto.»
            Il cliente sorrise. «Un errore ridondante. Sai solo quello che…»
            «Io fare tutto.»
            «… che ti hanno scritto nelle linee di codice. Non sai far nulla in realtà. Neanche scopare.»
            «Io fare tutto.»
            Il cliente le mise un dito sulle labbra, e le sussurrò di non parlare, non c’era più bisogno di dir nulla. L’abbracciò, il cliente, e la strinse. Il corpo della puttana era caldo, e morbido, e liscio e piacevole al tatto; e aveva un profumo da far venir voglia di mordere e leccare.
            Il cliente le prese il viso tra le mani, e la guardò bene negli occhi. «Volevo la mia anima. Ma non posso cercarla da chi non ha un’anima.»
            «Io fare tutto» ripeté la puttana, che restò immobile, le braccia lungo i fianchi, a guardar senza espressione il cliente raccogliere le proprie cose, salutarla con un sorriso, e uscire attraverso la porta che lei mai, aveva varcato.
            Restò così, congelata, per molto tempo. Poi disse:
            «Anima.»


    *******************




    Fuori dal bordello, il cliente, alzò la testa sopra la Città Eterna, e vide quell’immenso scheletro di metallo nero come il nulla, simile ad un enorme ragno, che stritolava la Roma antica.
            Erano le fondamenta della nuova città, che sarebbe sorta oltre due chilometri sopra i ruderi dell’impero Romano e della ex capitale d’Italia. La nuova città, chiamata EuRoma, sarebbe diventata la capitale della Magna Europa e sogno residenziale di chiunque avesse avuto i soldi per permettersela.
            Secondo la propaganda del Governo Centrale Europeo, i lavori sarebbero terminati entro il duemiladuecentoquindici. Ma a tre anni dalla scadenza, solamente un nuovo Vaticano e il Campidoglio, erano stati edificati. La manodopera, sia per via dell’altezza e delle difficoltà, sia per rispettare i tempi di consegna, era affidata soltanto ai cyborg e ai robot sotto la supervisione del Cancelliere dell’Istruzione e della Propaganda, Jean-Paul Gabbiano.
            Il cliente si accese una sigaretta e, da Via Labicana, si avviò verso il Colosseo. Percorse dieci metri e comprese di essere seguito. Non si voltò. Non accelerò il passo. Rallentò. Si fermò a osservare ai lati della strada, le bancarelle e studiare con calma la merce: vecchi pezzi di cyborg, abiti, droghe, vecchi libri in forma cartacea. Con dissimulata attenzione, cercava di individuare chi lo stava pedinando. Ma riuscì solo a scorgere guizzi rapidi e ombre mescolati tra i colori della via.
            Riprese la marcia, sempre con calma, unendosi idealmente a un gruppo di pellegrini di non capiva quale religione o setta, vestiti con un saio nero e un cappuccio bianco. Finse di essere interessato ai notiziari e alle pubblicità che comparivano sugli infiniti schermi olografici che tappezzavano le pareti dei palazzi. Quando giunse all’Alcova del Peccato, un bazar pieno di puttane da pochi soldi e ogni genere di mercanzia illecita, dal reclutamento di sicari a connessioni a server illegali, ricavato da una vecchia stazione della metropolitana, il cliente ebbe l’impulso di entrare, e provare a far perdere lì le proprie tracce. Ma scartò subito l’ipotesi. I tunnel della metro erano pieni di criminali e agenti del governo.
            Continuò ad avanzare, il cliente. Percorse tutto il Viale dei Fori Imperiali. A passo svelto, questa volta. Perché quello era territorio dei Neo-Guerrieri. Una banda giovanile in perenne lotta contro Le Canaglie, altra banda di adolescenti stanziati in piazza Venezia.
            Il cliente superò entrambe le zone ignorato dai teppisti. La sensazione di essere seguito era diventata ossessiva. Si era voltato un paio di volte, all’improvviso, ma chiunque c’era, e non era solo, era riuscito a mimetizzarsi all’istante.
            Per quel che ne sapeva, tutti i prototipi dell’esercito per realizzare tute capaci di rendere invisibile un soldato, erano falliti senza lasciare un minimo esito positivo. Se l’esercito aveva realizzato una tecnologia simile, il nuovo equilibrio mondiale sarebbe stato incrinato, e la Magna Europa avrebbe potuto allargare la sua egemonia sull’intero pianeta Terra e le sue colonie. Uno scenario triste, ma che avrebbe sancito anche la fine della Seconda Guerra Fredda, e portato una pace, seppur coercitiva, su tutti i popoli.
            C’era però un’altra possibilità. Che lo sviluppo di questa tecnologia fosse stato realizzato da un gruppo terroristico, o qualche mega corporazione privata. Una possibilità che spaventò il cliente, lo spaventò così tanto che lo costrinse a fermarsi, e guardarsi intorno nella ricerca plateale di qualcosa.
            Era, questa seconda ipotesi, potenzialmente terrificante e distruttiva. Non poteva permettere di farsi catturare.
            Sorrise, il cliente. E iniziò la sua fuga.

    Edited by sigfried - 26/5/2014, 19:03
  4. .
    Ciao a tutti

    ho conosciuto questo sito per caso, mentre cervavo gli oav di GitS. Una delle vostre moderatrici, è stata gentilissima a fornirmi i link per scaricare il tutto e godere (mica tanto, visto che i primi due oav mi hanno un po' deluso) della visione.

    Ho 34 anni, e chissà, forse sono un po' grandicello.

    Mi piace molto scrivere, e sempre per ripagare la gentilezza della moderatrice di su, ho deciso di pubblicare a puntate un racconto che sto scrivendo a tempo perso, di fantascienza, diciamo. Ho intenzione di pubblicarlo a scadenza di 15 giorni, ma se così è troppo invadente, anche una puntata al mese.

    Non abbiate vergogna a esprimere il vostro disappunto, né a fare richieste, o ipotizzare possibili svolgimento. Come detto è un racconto a tempo perso, che io per primo non reputo di valore, ma credo comunque che sia scritto bene, e spero possa divertirvi e incontrare il favore dei vostri gusti.

    Grazie dell'accoglienza, e buona lettura :)
1669 replies since 6/12/2010
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