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    Ed eccovi la seconda parte. Per chi si fosse perso la prima, un breve riassunto. Anno 2212. Roma. Un uomo di cui non si sa nulla, incontra una puttana cyborg, ma non conclude il rapporto, e lascia il cyborg ad interrogarsi su cosa sia l'anima. Il cliente, fuori "dall'alcova" si accorge di essere inseguito, e sa che non può farsi catturre, perché nasconde un segreto in grado di cambiare il mondo. E decide di scappare.
    Domande classiche: chi è? che segreto nasconde? lo prenderanno?
    Se avrete la pazienza di seguirmi, lo scoprirete. Forse in questi paragrafi, forse più avanti. Chissà :)




    II




    «Anima» disse.
            E in quel preciso istante la luce clienti si accese, la porta del vestibolo si aprì. Sulla soglia apparve un uomo magro, piccolo, con gli occhiali. Indossava un completo grigio con cravatta. Scarpe consumate ma pulite. Sorrideva, ma il sorriso era circoscritto alla bocca. Era già sudato e le pupille dilatate.
            «Ciao amore» disse la Puttana.
            L’uomo in grigio le si avvicinò, alle sue spalle la porta si richiuse verso il basso, come la lama di una ghigliottina. «Spogliati» disse.
            La Puttana indossava solo le calze e non si mosse.
            «Togliti le calze, schifoso pezzo di plastica» riprese l’uomo.
            La Puttana sorrise; con eleganza arrotolò la calza destra fino alla caviglia; ma in quel momento l’uomo in grigio la colpì con un calcio e la buttò per terra.
            La Puttana gridò e provò dolore: era stata programmata anche per gridare e aveva punti di pressione che mandavano segnali elettrici che ricreavano artificialmente il dolore. L’uomo in grigio l’afferrò per i capelli e la trascinò fino al letto. Provò ad alzarla, ma era troppo debole e le ordinò di salire e mettersi prona, come una cagna. La puttana obbedì. L’uomo le si schiacciò sopra, la bocca vicino all’orecchio della Puttana, e le disse:
            «Sei una schifosa puttana di plastica puttana come tutte le femmine ma so io come curarti.»
            «Sì, curami» disse la Puttana recuperando tra i suoi scripts di memoria la risposta con il feedback più alto.
            L’uomo le diede un pugno al volto. La Puttana urlò. La guancia si aprì, non uscì sangue.
            «Non parlare, puttana. Le puttane non parlano.»
            La Puttana non parlò.
            L’uomo si sbottonò la patta. Tirò fuori il suo sesso, moscio, e con la mano destra iniziò a masturbarsi mentre con l’altra tirava i capelli alla Puttana.
            «Sei una schifosa puttana, lo sai?»
            La Puttana non rispose. Pensava al concetto di anima. A differenza di quello che la gente pensava, i cyborg avevano coscienza di sé. Lei sapeva di essere in un qualche modo, esistente. Non viva. Sapeva di non essere viva, ma di esistere. Aveva coscienza di sé nel mondo. Sapeva di avere un corpo e che questo corpo si muoveva nello spazio. Aveva tutte le funzioni basilari biologiche. Riusciva a mimare tutte le emozioni. E i suoi algoritmi euristici creavano una sorta di ragionamento che le permetteva di risolvere piccoli problemi; la cui soluzione veniva conservata nella sua memoria, e che le consentiva di imparare.
            E in quel momento, mentre l’uomo in grigio non raggiungendo l’erezione, cercò prima di di penetrarla con il cazzo moscio, e non riuscendoci la colpì con pugni nei fianchi, e la chiamò troia e altri insulti e poi le infilò le dita nella mano nell’ano cercando di introdurre tutto il pugno masturbandosi il cazzo sempre inerte con frenesia, la Puttana provava a risolvere il “problema anima” rivivendo i ricordi che le erano stati impianti per costruirle una personalità.
            Nel primo ricordo in cui compariva la parola anima, la Puttana era una bambina tra i banchi di scuola. Un professore raccontava strane leggende di esseri più potenti dell’uomo; esseri antropomorfi, alcuni zoomorfi, altri immaginifici, dislocati in ogni parte del globo e nel tempo, ognuno con un suo culto. Questi esseri, attraverso vari racconti cosmogonici, avevano dato vita anche alla specie del suo creatore, insufflando nei loro corpi quella strana cosa chiamata a volte pneuma o psiche, altre spirito, in certi casi pensiero, ātman e sé, ma erano tutte parole che potevano essere tradotte con anima. L’altro ricordo riguardava una lei un po’ più grande. Era sempre seduta tra banchi di scuola. Leggeva un libro fatto di dialoghi. Un filosofo di un antico stato chiamato Grecia, un certo Socrate, attraverso dialoghi riportati da un suo discepolo, Platone, convinceva l’amico, tale Alcibiade, che l’uomo era l’Anima stessa…
            Il dipanare dei ricordi venne bloccato: l’uomo in grigio l’aveva colpita con un altro pugno, in un occhio – la Puttana urlò; lacrime.
            «Inutile puttana di plastica» disse l’uomo in grigio con un altro pugno «inutile come tutte le puttane di carne non riuscite a farmelo diventare duro schifose…»
            E l’uomo in grigio le strappò ciocche di capelli; le morse una spalla; ficcò le unghie nei capezzoli e gli squarciò; si masturbò con forza il cazzo ancora moscio.
            La Puttana urlò. I sensori del dolore fecero scattare l’allarme e la stanza venne riempita da un gas irritante spruzzato da bocchettoni sparsi sul soffitto.
            L’uomo in grigio scivolò via dalla Puttana e rotolò a terra. La sua mano si chiuse sul cazzo semi-moscio in uno spasmo muscolare e strinse forte. Due inservienti in tuta entrarono nella stanza e trascinarono l’uomo in grigio, che non aveva mollato la presa sul cazzo che diventava nero, e più tardi sarebbero stati costretti ad amputare, fuori con una barella.
            Durante il trambusto la Puttana si era rannicchiata in un angolo del letto in posizione fetale. L’imitazione del sentimento della paura la bloccava in quella posa: ferma, tremante, con il corpo ferito di ferite senza sangue che i due inservienti, rientrati per aggiustarla con le nanomacchine, osservarono storcendo le labbra.
            «Non mi ci abituerò mai» disse il primo, facendo una siringa alla Puttana.
            L’altro scosse la testa. «Tagli vuoti» disse. «Maledetti tagli vuoti.»
            I due inservienti finirono e uscirono. La Puttana li guardò andar via, e mentre sentiva il suo corpo che si ricostruiva, mise in relazione la parola anima alle ferite senza sangue. Tracciò un parallelo semantico tra il significante “anima” e la frase “tagli vuoti”.
            Ma non trovò nessun risultato.
            Mezz’ora dopo, quando il suo corpo era oramai riparato, e poteva nuovamente lavorare, il suo cliente fu un ragazzo universitario che le chiese di essere gentile, di dargli solo un po’ d’affetto, fingere di essere la sua ragazza, di fare l’amore, dolcemente, piano, lungo, l’amore fatto di baci e sospiri che ne aveva bisogno.
            E dopo aver fatto l’amore tenero e sentimentale la Puttana chiese al ragazzo se potesse spiegargli cosa fosse l’anima.
            Il ragazzo sorrise. «Non sono un filosofo o un religioso, studio bioingegneria. Ma, se vuoi ti racconto la storia del Project Prometheus.»


    *******************




    Il Cliente correva. Un dedalo di strade intricate e strette, tra il Pantheon e Fontana di Trevi. E anche se non vedeva i suoi inseguitori, sapeva che se si fosse fermato anche un solo secondo, l’avrebbero preso.
            Chi erano, non aveva importanza, e non se lo chiedeva. Erano abbastanza potenti e tecnologicamente avanzati da poter usare le sue informazioni per cambiare il destino del mondo, ed era abbastanza.
            Correva, il Cliente, correva e sapeva che non sarebbe sfuggito a Loro solo correndo. Doveva trovare un’altra soluzione, e prima che fosse troppo stanco anche per pensare. Era nei pressi di Piazza Navona ed ebbe un’idea. Scartò all’improvviso ed entrò nella piazza. Rallentò il passo. Si infilò in un capannello di persone che ascoltavano una guida. Controllò intorno. E quando pensò di essere nascosto agli occhi spioni, cambiò foggia e colore ai proprio abiti facendo passare una convenzionale frequenza di corrente.
            Vestito come un turista qualunque, si staccò dalla compagnia e, con passo lento e fingendo curiosità per la città, si avviò verso il Tevere. Se avesse raggiunto l’Isola Tiberina, dove c’era un laboratorio militare segreto in mano ai ribelli, sarebbe stato in salvo.
            Camminava piano ora, e la sensazione di essere seguito e spiato era sparita. Il Cliente lottò con l’impulso di rimettersi a correre. Riuscì solo a regolare il respiro. Ad allentare i muscoli della mandibola.
            Era nei pressi di Largo Argentina. Osservò l’uccisione di Giulio Cesare ricostruita con ologrammi-sensoriali. Per pochi euro potevi toccare il cadavere del dictator romano.
            Sospirò il Cliente, e calcolò che mancava meno di due chilometri alla salvezza. Meno un metro. Meno un altro metro. E un altro. E…
            Ricevette una pacca sulla spalla. Un brivido gli partì dallo scroto e vibrò fino alle labbra. Si voltò, il Cliente, e non vide nessuno, e vide solo bianco, e sentì un pallone riempirsi nella pancia.
            E urlò.
            Urlò e lasciò partire un gancio, che non trovò un bersaglio. Non ci pensò. Il Cliente scattò con tutte le forze che aveva.
            Fino a quel momento aveva sperato di sbagliarsi, che la sua fosse solo paranoia. Ora che aveva la conferma non ragionava più.
            Aveva un solo obbiettivo, in testa. Non permettere a nessuno di prendere quelle informazioni. E ora che anche la speranza Isola Tiberina era compromessa, aveva un’unica opzione.
            Uccidersi.
            E non avendo una capsula di cianuro in bocca come un terrorista di uno di quei vecchi film del ventesimo secolo, poteva solo buttarsi nel Tevere e, se non morire affogato, almeno mangiato dai pesci.
            Con quell’intento in testa, il Cliente corse fino a non sentire le gambe mulinare. Più volte perse l’equilibrio, ma non cadde. Arrivò al ponte che collegava l’isola alla riva e si lanciò in acqua, a bocca aperta, pronto a respirare più acqua possibile nel minor tempo.


    *******************




    Il Project Prometheus, sosteneva lo studente, era un esperimento militare per scoprire l’esistenza dell’anima.
            La teoria di base era semplice e si basava sul teletrasporto quantistico. La Puttana non sapeva cos’era e lo studente spiegò.
            Era semplice: si mettevano due contenitori posti a distanza, se un metro o un anno luce, non avrebbe inficiato l’esito. Nel primo c’era un oggetto che si vuole teletrasportare, nell’altro atomi di materia che, una volta composti in una data posizione spazio-temporale, ricreavo l’oggetto a distanza.
            In realtà non era un vero teletrasporto, perché l’oggetto originale non veniva distrutto. Era l’informazione, la firma quantistica, ad essere teletrasportato.
            Finché si parlava di oggetti inanimati non c’era nessun problema filosofico, etico e religioso. Ma quando si iniziò a teletrasportare cibi e animali, si temette che prima o poi avrebbero fatto esperimenti sull’uomo.
            Ad opporsi, e a far promulgare una legge mondiale firmata da tutti gli stati, furono le maggiori Comunità Religiose che per la prima volta nella storia dell’umanità, trovarono un punto d’intesa comune.
            Il perché era logico e triste, per lo studente. Perché una volta letetrasportato l’uomo chiamato X, ci sarebbero stati due individui identici. E se anche il secondo, avesse affermato di essere X, sarebbe stata la prova della non esistenza dell’anima.
            Certo, insisteva lo studente, poteva succedere che il secondo individuo fosse un simulacro vuoto. Ma le autorità religiose, e tra le loro file c’erano centinaia di scienziati, continuava maliziosamente lo studente, non avevano nessun interesse a scoprire la verità. Per loro l’anima esisteva, e ne erano i Cerbero dagli occhi di fuoco.
            «Grazie» disse la Puttana. «Quindi è questo il… »
            «No» la bloccò con un sorrisetto lo studente. «Il Project Prometheus è successo dopo. In realtà non esiste nessuna prova. Le uniche informazioni sono recapitabili dalla Rete Oscura, l’Oltre Internet pirata.»
            «E» chiese la Puttana.
            «Pare che il progetto sia stato autorizzato e voluto dal Cancelliere Gabbiano in persona, che ha voluto testare l’esperimento su di sé, e che quello che noi conosciamo… Ma che succede.»
            «Errore, errore, errore» disse la Puttana in loop.
            «Che cazzo… »
            La porta si aprì. La puttana continuava a dire errore. Due agenti del corpo segreto dell’impero entrarono nel vestibolo e colpirono con un manganello di gomma con l’anima – e lo studente non ebbe prontezza di spirito per apprezzarne l’ironia – di ferro il ragazzo che tramortì al suolo.
            «Che ne facciamo di questa?» disse uno dei due agenti.
            «Errore, errore, errore, errore… »
            L’altro agente le sparò con taser elettromagnetico. «Metterla a nanna. Ci penseranno altri a cancellarle la memoria, o smontarla. È solo un giocattolo.»
            La puttana non si era spenta subito, riuscì a sentire la frase del secondo agente, e prima di disconnettersi, il suo ultimo pensiero fu: non sono solo un giocattolo.
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    verrà la morte e avrà i tuoi occhi - cesare pavese
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    anime perse - michael collins

    eccomi merì.
    non posso criticarti. fino a mezzanotte ho fatto fioretto.
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    Peccato che la bulgaria e la reppublica ceca non si siano qualificate :(
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    No, è il drakula con winona ryder, drakula di bram stoker.
    la ryder è una delle ragazze interrotte insieme con la jolie e le altre che non ricordo.
  6. .
    "così bella, così piena di vita, eppure così spaventosamente morta"

    pag 77 de' "Il ritratto di Elsa Greer" - Agatha Christie.
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    Al mio meglio ho fatto anche di peggio, al mio peggio sono perfino migliore di una bestia. (il mercante di venezia)
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    Non è colpa sua, l'hanno programmata così :)

    battute a parte, nella mia idea di fantascienza non esiste un'intelligenza artificiale dotata di coscienza di sé (e non credo che esisterà mai in realtà, e se interessa, spiego scientificamente anche perché ritengo ciò impossibile). Ma programmi capaci di simulare il comportamento umano. Sono anche in grado di imparare dai propri errori, ma non possono creare un pensiero originale. Con queste regole, il mio personaggio può solo fare e dire, cose che le sono state scritte. Quando incontra qualcosa di nuovo, va in loop. Ecco perché, al concetto di anima, inizia a ripetere sempre la stessa cosa.
    Tuttavia, poiché è sempre un racconto di fantascienza, e la fantascienza è la vera magia moderna, succederà chiaramente qualcosa di inatteso.
  9. .

    TARDA SERA NEL FUTURO






    «Come ti chiami?» chiese il cliente.
            «Non ho nome» rispose la puttana cyborg, «ma puoi chiamarmi come preferisci.»
            Il cliente sorrise, e si guardò intorno. Era un vestibolo di metallo, spoglio e pulito. Una luce rossastra al neon illuminava tutto di malinconia, quella malinconia che sapeva di transitorietà. Poteva quasi vederli, i fantasmi degli altri clienti, lì vicino al tavolino mentre si spogliavano, o sul letto, avvinghiati in mille posizioni alla puttana e il volto stravolto dal coito.
            «Posso chiamarti Nora?»
            «Nora. Certo.»
            La puttana sorrise, e gli offrì un whisky. Il cliente bevve guardando fuori dall’oblò: l’unica apertura in quella teca. Oltre il vetro ermeticamente chiuso, baluginavano le luci della Luna e di Luna1, sospese sopra il Colosseo, ingabbiate, nella prospettiva, da enormi pilastri di ferro.
            La puttana gli tolse il bicchiere di mano, oramai vuoto, e lo baciò, veloce, all’angolo delle labbra.
            «Iniziamo?»
            «Non toglierti le calze. Sono più belle le gambe così, in calze e reggicalze.»
            La puttana lo prese per mano, e lo guidò verso il letto. Sedettero sul bordo e lei gli sbottonò la camicia.
            «Ho delle fantasie» disse il cliente.
            «Chiedimi tutto» rispose la puttana mordendogli un capezzolo.
            Il cliente gemé. Di dolore e piacere. La puttana baciò il segno lasciato dai denti. Il cliente sospirò. La puttana posò una mano sul sesso dell’uomo, già turgido, da sopra i pantaloni. Il cliente la fermò.
            «È la prima volta con una…» cercò la parola adatta, e riprese. «È la prima volta con una bambola.»
            La puttana gli sfiorò il viso con una carezza. «Non temere. Non avere paura.»
            «Ho sensi di colpa» disse il cliente.
            La puttana lo fissò vacua, e per un attimo, al cliente, sembrò morta, una bambola appunto, di plastica, senza vita, poi la puttana sorrise, e tornò ad essere viva.
            «Non capisco.»
            Il cliente posò il mento sul petto e sospirò. «Sì, immagino che non ti abbiano programmato per capire.»
            «Spiega» disse la puttana.
            Le fece un gesto di tenerezza, il cliente, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E le sorrise. «Voglio che mi fai male. Il motivo è tutto mio.»
            La puttana lo colpì con uno schiaffo, al volto, abbastanza forte da lasciare un segno rosso sul viso al cliente, che la fissò sorpreso.
            «In ginocchio» disse la puttana alzandosi in piedi e indicando, con l’indice, il pavimento.
            Ma il cliente non obbedì. Scoppiò a ridere. Si prese la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, e rise, forte.
            «Ho sbagliato?» chiese la puttana.
            Il cliente arginò la risata, senza riuscire ad estinguerla. «No» le disse. «Sono io che non so quello che voglio.»
            «Io fare tutto» disse la puttana.
            «Sai perché un uomo preferirà sempre una donna a una bambola?»
            «Io fare tutto.»
            «Per il giudizio. Perché l’uomo vuole essere giudicato. E se non perdonato, vuole essere condannato.»
            «Io fare tutto.»
            «Tu non puoi aiutarmi.»
            «Io fare tutto.»
            Il cliente sorrise. «Un errore ridondante. Sai solo quello che…»
            «Io fare tutto.»
            «… che ti hanno scritto nelle linee di codice. Non sai far nulla in realtà. Neanche scopare.»
            «Io fare tutto.»
            Il cliente le mise un dito sulle labbra, e le sussurrò di non parlare, non c’era più bisogno di dir nulla. L’abbracciò, il cliente, e la strinse. Il corpo della puttana era caldo, e morbido, e liscio e piacevole al tatto; e aveva un profumo da far venir voglia di mordere e leccare.
            Il cliente le prese il viso tra le mani, e la guardò bene negli occhi. «Volevo la mia anima. Ma non posso cercarla da chi non ha un’anima.»
            «Io fare tutto» ripeté la puttana, che restò immobile, le braccia lungo i fianchi, a guardar senza espressione il cliente raccogliere le proprie cose, salutarla con un sorriso, e uscire attraverso la porta che lei mai, aveva varcato.
            Restò così, congelata, per molto tempo. Poi disse:
            «Anima.»


    *******************




    Fuori dal bordello, il cliente, alzò la testa sopra la Città Eterna, e vide quell’immenso scheletro di metallo nero come il nulla, simile ad un enorme ragno, che stritolava la Roma antica.
            Erano le fondamenta della nuova città, che sarebbe sorta oltre due chilometri sopra i ruderi dell’impero Romano e della ex capitale d’Italia. La nuova città, chiamata EuRoma, sarebbe diventata la capitale della Magna Europa e sogno residenziale di chiunque avesse avuto i soldi per permettersela.
            Secondo la propaganda del Governo Centrale Europeo, i lavori sarebbero terminati entro il duemiladuecentoquindici. Ma a tre anni dalla scadenza, solamente un nuovo Vaticano e il Campidoglio, erano stati edificati. La manodopera, sia per via dell’altezza e delle difficoltà, sia per rispettare i tempi di consegna, era affidata soltanto ai cyborg e ai robot sotto la supervisione del Cancelliere dell’Istruzione e della Propaganda, Jean-Paul Gabbiano.
            Il cliente si accese una sigaretta e, da Via Labicana, si avviò verso il Colosseo. Percorse dieci metri e comprese di essere seguito. Non si voltò. Non accelerò il passo. Rallentò. Si fermò a osservare ai lati della strada, le bancarelle e studiare con calma la merce: vecchi pezzi di cyborg, abiti, droghe, vecchi libri in forma cartacea. Con dissimulata attenzione, cercava di individuare chi lo stava pedinando. Ma riuscì solo a scorgere guizzi rapidi e ombre mescolati tra i colori della via.
            Riprese la marcia, sempre con calma, unendosi idealmente a un gruppo di pellegrini di non capiva quale religione o setta, vestiti con un saio nero e un cappuccio bianco. Finse di essere interessato ai notiziari e alle pubblicità che comparivano sugli infiniti schermi olografici che tappezzavano le pareti dei palazzi. Quando giunse all’Alcova del Peccato, un bazar pieno di puttane da pochi soldi e ogni genere di mercanzia illecita, dal reclutamento di sicari a connessioni a server illegali, ricavato da una vecchia stazione della metropolitana, il cliente ebbe l’impulso di entrare, e provare a far perdere lì le proprie tracce. Ma scartò subito l’ipotesi. I tunnel della metro erano pieni di criminali e agenti del governo.
            Continuò ad avanzare, il cliente. Percorse tutto il Viale dei Fori Imperiali. A passo svelto, questa volta. Perché quello era territorio dei Neo-Guerrieri. Una banda giovanile in perenne lotta contro Le Canaglie, altra banda di adolescenti stanziati in piazza Venezia.
            Il cliente superò entrambe le zone ignorato dai teppisti. La sensazione di essere seguito era diventata ossessiva. Si era voltato un paio di volte, all’improvviso, ma chiunque c’era, e non era solo, era riuscito a mimetizzarsi all’istante.
            Per quel che ne sapeva, tutti i prototipi dell’esercito per realizzare tute capaci di rendere invisibile un soldato, erano falliti senza lasciare un minimo esito positivo. Se l’esercito aveva realizzato una tecnologia simile, il nuovo equilibrio mondiale sarebbe stato incrinato, e la Magna Europa avrebbe potuto allargare la sua egemonia sull’intero pianeta Terra e le sue colonie. Uno scenario triste, ma che avrebbe sancito anche la fine della Seconda Guerra Fredda, e portato una pace, seppur coercitiva, su tutti i popoli.
            C’era però un’altra possibilità. Che lo sviluppo di questa tecnologia fosse stato realizzato da un gruppo terroristico, o qualche mega corporazione privata. Una possibilità che spaventò il cliente, lo spaventò così tanto che lo costrinse a fermarsi, e guardarsi intorno nella ricerca plateale di qualcosa.
            Era, questa seconda ipotesi, potenzialmente terrificante e distruttiva. Non poteva permettere di farsi catturare.
            Sorrise, il cliente. E iniziò la sua fuga.

    Edited by sigfried - 26/5/2014, 19:03
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    Ciao a tutti

    ho conosciuto questo sito per caso, mentre cervavo gli oav di GitS. Una delle vostre moderatrici, è stata gentilissima a fornirmi i link per scaricare il tutto e godere (mica tanto, visto che i primi due oav mi hanno un po' deluso) della visione.

    Ho 34 anni, e chissà, forse sono un po' grandicello.

    Mi piace molto scrivere, e sempre per ripagare la gentilezza della moderatrice di su, ho deciso di pubblicare a puntate un racconto che sto scrivendo a tempo perso, di fantascienza, diciamo. Ho intenzione di pubblicarlo a scadenza di 15 giorni, ma se così è troppo invadente, anche una puntata al mese.

    Non abbiate vergogna a esprimere il vostro disappunto, né a fare richieste, o ipotizzare possibili svolgimento. Come detto è un racconto a tempo perso, che io per primo non reputo di valore, ma credo comunque che sia scritto bene, e spero possa divertirvi e incontrare il favore dei vostri gusti.

    Grazie dell'accoglienza, e buona lettura :)
250 replies since 6/12/2010
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